Quando ci siamo incontrati per la prima volta Cesira mi sembrava di conoscerla da sempre. Ero stato chiamato dai nipoti per sottoporla ad una visita affinché potesse far testamento dall’alto dei suoi 93 anni ben portati, testimoni dell’antico fascino e di quella certa grazia che aveva fatto innamorare – me lo aveva voluto dire con un tocco di giustificata vanità – ufficiali italiani e tedeschi di stanza in Friuli durante l’ultima guerra mondiale. Ancora bella, di quella bellezza carismatica residua agli anni, curata nel corpo, alta e ben vestita, sveglia, ironica e spiritosa.
La richiesta del suo notaio ci aveva fatto incrociare: serviva una valutazione neurologica che attestasse le sue abilità cognitive, memoria ed il resto, tra cui soprattutto la capacità di intendere e di volere, come recita aridamente la legge. Era necessaria per poter redigere correttamente un testamento ed evitare sorprese e contestazioni future da parte di eredi scontenti.
Stava benissimo a parte i dolori ossei ed articolari ad un ginocchio, noti da anni, che la limitavano abbastanza. Aveva superato in modo fantastico il colloquio e un test breve cognitivo, il solito Mini Mental (MMSE). Ora poteva tornare dal notaio a testa alta!