Il neurologo Ferdinando Schiavo afferma: La sordità è un fattore di rischio per demenza.
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Docente di Storia Sociale alla Facoltà di Sociologia dell’Università degli Studi di Trento
Trento, 10 gennaio 2015
Perdonatemi questa predica di virtù, perché nella rilassatezza di questi tempi bolsi la virtù stessa deve chiedere perdono al vizio, sì, deve inchinarsi a strisciare (Shakespeare, Amleto 3,4).
Parlare di fragilità è una moda virtuosa che qualcuno con ironica espressione ha definito “spiritualità cosmetica”, così da consentire di parlare con leggerezza estetica dei fatti morali. A volte, però, le mode possono stimolare lo sviluppo di elaborazioni teoriche o azioni concrete, come per l’appunto il dibattito prodotto da Expo 2015 sull’alimentazione, che ha già trovato fertile ambito nel Salone Internazionale della Ricerca, Innovazione e Sicurezza Alimentare della Società Umanitaria di Milano, presieduto dall’ingegner Andrea Mascaretti brillante relatore al recente convegno sull’ Alimentazione identitaria per la valorizzazione del territorio trentino.
In tale cornice di eccellenza sono stati raccolti e sviluppati spunti per riflettere sull’alimentazione dei fragili, in particolare di quelli che appartengono all’età anziana: prodotti dalla marea montante della dinamica demografica italiana. Il papy boom in atto da decenni non si può più ignorare, anche perché per paradosso dimostra l’arretratezza culturale sulla vecchiaia della società contemporanea.
L’espressione “fragilità nutrizionale” ha un significato molto più ampio di quello strettamente medico, essa esprime un disagio in senso allargato, che sta a indicare la connessione tra il bisogno sanitario obiettivo e un aspetto esistenziale qual è la fragilità dell’anziano: soggetto vulnerabile per età, sovente solo e affidato alle cure di estranei. Gli aspetti nutrizionali nel processo di invecchiamento, inteso come trasformazioni fisiologiche associate all’aumento degli anni di vita e in relazione alle influenze genetiche, ambientali, socio-culturali e psicologiche, oggi rappresenta un’urgenza che la contemporaneità non può più permettersi di ignorare; la progressiva incidenza della fragilità determinata dall’invecchiamento della popolazione è solitamente espressa attraverso le cifre della statistica demografica -che qui volutamente tralascio-, con un andamento esponenziale capace di attrarre la nostra attenzione come fenomeno emergente prodotto da una società che allunga costantemente la sua “speranza di vita”. Ma la “qualità di vita” degli anziani fragili com’è?
Gestire umanamente la loro esistenza in molti casi è difficile, gli stessi professionisti della salute faticano ad affrontarla, perché fragilità e complessità sono la norma non l’eccezione; in questa fase della vita, frequentemente, l’abbondanza terapeutica che accompagna i decenni finali dell’anziano -o dell’adulto fragile- è un’arma a doppio taglio. E come con tutte le armi i più deboli ne sono le prime vittime, in questo caso lo sono gli anziani. Il neurologo Ferdinando Schiavo nel suo recente Malati per forza (Maggioli 2014) – e mai titolo fu più appropriato – porta numerosi esempi per farci comprendere come la iatrogenesi (uno dei mali oscuri della medicina) e più in generale la “mala medicina” nei pazienti geriatrici possano essere contrastate ed estirpate; ma non è una banale lotta “contro i farmaci”, bensì un richiamo al loro uso secondo scienza e coscienza, accompagnato dalla giusta informazione sui circoli viziosi scatenati dall’uso improprio dei medicinali: peccato, però, che le reazioni per le conseguenze evitabili suscitino più stupore che giusta indignazione. E sorvolo su chi potrebbe avere interesse a perseverare nella “mala terapia”.Salute e alimentazione si intrecciano anche per gli anziani fragili, come insegna la nutraceutica, ma servono piani economici e finanziamenti per sviluppare la ricerca di questo settore strategico.
La ricarica dei 102 è un gruppo di accademici coordinati dal biochimico prof. Leonardo De Angelis, che valorizzando con apertura mentale e vivacità culturale i rapporti sociali quale antidoto a largo spettro per vivere meglio l'”ultima età”, si occupa di Ricerca sulla Fragilità Nutrizionale dell’Anziano nell’ambito di Knowledge Interchange Communities ed è capofila di Well being and active ageing; questa attività di alto profilo scientifico mira a correggere i comportamenti alimentari -e non solo- quando la protezione sociale per la vulnerabile fascia anziana è inadeguata. Tale non virtuosa situazione -per nulla rara- somma alle conseguenze della “mala medicina” la “mala alimentazione”, con un effetto quanto mai nefasto nei vecchi fragili; sullo sfondo di un sapere medico distratto dalla frammentazione in specializzazioni che sovente non comunicano tra loro, manca quindi il fondamentale approccio olistico al quadro clinico e umano di queste persone, imprescindibile per la corretta conoscenza sull’avanzare dell’età e sul coerente stile di vita, anche alimentare. Un criterio risolutivo al problema non può comunque prescindere nemmeno da analisi che interessano il sociale, le economie pubbliche e del cittadino per ovviare alla “mala politica della mala assistenza ai fragili”.
Il cibo, però, non è solo nutrizione -e convenience nelle istituzioni- bensì è anche sensorialità, esteticità, eticità: come bene ha sottolineato la presidente dei Tecnologi Alimentari di Lombardia e Liguria dr. Amina Ciampella nella bella relazione presentata a Trento su Aspetti materiali e immateriali della qualità del cibo .
Le complicanze dell’età avanzata dovute alla comparsa di malattie invalidanti, con deficit cognitivi o patologie che complicano l’esistenza e sovente sfociano nel “fine vita”, provocano anche tristezza, solitudine e il senso di abbandono -che molti anziani vivono soprattutto dopo il ricovero-, costituendo riconosciute cause invalidanti e disabilitanti: problematiche che quando interessavano i bambini abbandonati nei brefotrofi erano ascritte all'”anaffettività”, categoria sconosciuta nelle rsa. Forse i vecchi hanno perduto la capacità affettiva? L’emarginazione sociale, la sofferenza, l’istituzionalizzazione, la morte di moltissimi anziani e meno anziani socialmente fragili, induce a interrogarci sull’insufficiente distorta assistenza che diamo loro.
Una competente riflessione sull’argomento è data dal documentato studio del geriatra Roberto Gramiccia intitolato La strage degli innocenti (Materiali Ediesse 2013), il cui esplicito significato è rafforzato dal brutale sottotitolo Terza età: anatomia di un omicidio sociale, collegato alla “eutanasia sociale” in passato espressamente attribuita alle istituzioni totali -di cui le rsa sono eredi-; a sostegno di queste tesi il libro vanta una prefazione che non necessita di commenti, perché scritta da una delle più illustri personalità del Novecento italiano: Margherita Hack.
Il nutrizionista prof. Alfredo Vanotti (Dipartimento di Scienze della Salute UNIMIB e LUDES-Lugano) è autore di numerose ricerche sulla fragilità nutrizionale e recentemente ha sviluppato il progetto di educazione alimentare Intervento multidisciplinare per il controllo della fragilità nutrizionale nella Regione Lombardia, misurata attraverso il Malnutrition Universal Screening Tool. Uno degli scopi più innovativi ed efficaci della sua azione è l’informazione e la formazione per il “fragile” iniziando dal soggetto stesso, per poi procedere con i familiari e tutti quelli che hanno responsabilità professionale di cura nei suoi confronti -in qualsiasi ruolo operino-, perseguendo attività frontale e trasversale onde creare una rete di competenze attive. Né il Nostro tralascia di ricordare che prevenire è meglio di curare, spiegando storie di fragilità evitabili con la corretta alimentazione per concorrere a rompere il clima di sconfortante rassegnazione che connota il tema anziani e fragilità alimentare, perché siamo assuefatti a una mediocrità contagiosa e deprimente, che consideriamo normale e inevitabile: perché pretendiamo poco dalla realtà e siamo incapaci di indignarci.
“Malati per Forza” – Recensione Fondazione Leonardo
13/06/2014 – Autrice Enza Mathieu
Favorito dalla progressiva incidenza della fragilità umana determinata dall’invecchiamento della popolazione, è cresciuto nella società moderna anche l’uso dei farmaci. I farmaci sono però armi a doppio taglio. Il volume, rivolto ai responsabili della cura, in qualsiasi ruolo, non vuole essere un testo contro i farmaci, bensì un richiamo ad usarli con scienza e coscienza e ad accompagnarli con una corretta informazione.
Nei circoli viziosi ed eventi a cascata scatenati dall’improprio uso dei farmaci, i fatti sono narrati con passione e giustificata indignazione sia per le conseguenze che vengono a crearsi sia per la diffusione del fenomeno.
L’unica possibilità per migliorare l’assistenza sanitaria è rappresentata da una partnership tra medici e pazienti, perché questi ultimi, meglio dei medici, comprendono la realtà delle loro condizioni, l’impatto che la malattia e il suo trattamento ha sulla loro vita e sono in grado di indicare come i servizi potrebbero essere progettati per meglio aiutarli.
Malati per forza prospetta una maggiore partecipazione e responsabilizzazione del cittadino sul tema della salute ed auspica un impegno a cambiare in positivo il modo di procedere dell’attuale medicina.
Malati per forza: il farmaco spiegato al paziente e a chi si prende cura di lui (ma anche ai medici)
Per Lunga Vita, idee, azioni e servizi per meglio vivere vecchiaia, disabilità e cronicità.
Autrice Lidia Goldoni
Giovedì, 11 Dicembre 2014
Dal titolo e dal primo scorrere delle pagine di “Malati per forza. Gli anziani fragili, il medico e gli eventi avversi neurologici da farmaci” di Ferdinando Schiavo (Maggioli editore) qualche perplessità mi era sorta. Avevo ascoltato l’autore in un convegno, ma il testo mi sembrava più ostico. Cosa sarei riuscita a capire di un linguaggio tecnico-scientifico sui farmaci, la loro composizione, gli effetti collaterali, le interazioni? Leggo già con difficoltà i “bugiardini” delle confezioni di medicinali, che oltre alla prolissità e vaghezza, ti mettono solo in allarme perché, scritti con intento difensivo, ti prefigurano tutti gli eventi avversi. L’argomento di “Malati per forza” mi interessava per la condivisione delle idee dell’autore sull’uso e abuso dei farmaci e ho trovato la chiave e il metodo di lettura e il filo conduttore. Ho scorso tutte le citazioni di testa di ogni capitolo, e le prime due righe della prefazione. “Se ti udrà un medico di schiavi, ti rimprovererà: “Ma così tu rendi medico il tuo paziente!”. Proprio così dovrà dirti, se sei un bravo medico! (Ippocrate). Ho preso nota che all’inizio c’è un piccolo vocabolario di tutte le sigle e acronimi (spaventosi) così come in un poliziesco che si rispetti in apertura ci sono i personaggi. Poi per ogni capitolo o paragrafo compaiono box con la sintesi del testo, o i consigli o le linee guida, perché l’autore non intende parlare solo ai medici ( anche se risulta evidente che pure loro devono imparare) ma anche ai familiari, alle OSS , alle badanti. Infine, a chiarire anche ai più lontani dalla materia per ogni tema è presentato un caso clinico, 35 in tutto, che ti racconta meglio di ogni diagnosi cosa è successo a quella persona.
I primi tre capitoli informativi sul viaggio del farmaco, su chi sono gli anziani, su i contenuti essenziali della neurologia. Poi Schiavo, portandosi appresso il suo ” Grande Fardello” di neurologo che si è scontrato con le conseguenze delle terapie farmacologiche, affronta quelle patologie, che tanto spesso si sommano tra di loro, anche per una terapia sbagliata, che più colpiscono gli anziani e determinano la loro non autosufficienza: l’ictus, il Parkinson, le demenze, i deliri, non tralasciando gli effetti più frequenti quali le cadute, le vertigini, le perdite dell’equilibrio.
I capitoli finali spiegano il perché della citazione iniziale di Ippocrate. Una buona medicina deve sapere ascoltare informare, comunicare, educare il cittadino in quanto tale , ma ancor più quando è paziente, caregiver, familiare. Confesso che le pagine dedicate alle interazioni delle molecole dei farmaci, gli effetti collaterali degli stessi, gli impatti sulla salute in termini medico scientifici li ho saltati, ma sono una piccolissima parte del libro stesso. Perché scorrendo le mie note, ho trovato un approfondimento (raro ancora nei testi) sulla necessità di una medicina di genere, come una medicina di precisione necessaria per dare ad ognuno la risposta giusta (anche qui una splendida citazione dal poeta Alfred De Vigny nel 1867).
Parlando di anziani fragili e della complessità del prendersi cura, oltre all’aspetto curativo, Schiavo lo incardina in un problema etico per evitare l’accanimento terapeutico, ma anche l’omissione muta. Ci sono anche tra i casi clinici e le buone prassi episodi raccontati con ironia e leggerezza: come misurare la pressione, perché una visita neurologica inizia palpando la pancia. Ho trovato tra le pagine anche il nome di Ennio De Renzi, che Schiavo riconosce come suo maestro, che è morto molto anziano nel 2015, qui a Modena, dove è stato per decenni l’illuminato direttore di cattedra della neurologia, creando un’area di eccellenza nella sanità cittadina ma non solo.
Poi ci sono ancora alcune definizioni chiarissime su cosa oggi è diventata la medicina: una medicina d’organo, una medicina della fretta, una medicina tecnicistica, richiamando alla fine come essenziali i presupposti su cui è nato il movimento Slow Medicine, per una medicina sobria rispettosa e giusta, di cui più volte si è parlato in questo sito.
Nel trattare delle diverse tipologie di demenze l’autore affronta un tema che, anche per i profani come me che però s’interessano alle risposte al bisogno, mi sembra ancora trascurato. C’è una prima fase della malattia in cui c’è coscienza dei propri limiti, in cui subentra una sorta di apatia, che però non è la depressione anche se a volta può essere a questa associata. Cosa fare per dare un sostegno a questa persona, nel convivere con i suoi primi deficit, senza ricorrere ai farmaci antidepressivi, spesso causa di eventi avversi? Perché attendere che la malattia evolva per intervenire? Anche in questo caso serve informazione, comunicazione e ascolto.
È fresco di stampa da Maggioli Editore il libro “Malati per Forza” di Ferdinando Schiavo. Ferdinando Schiavo è un neurologo con la sensibilità del geriatra, del quale ha assimilato anche la cultura (basta dare uno sguardo alla bibliografia ed alle letture consigliate che testimoniano il vissuto abbraccio tra questi due ambiti culturali). Del resto lo riconosce lui stesso. Parafrasando: “Da neurologo entrato gradualmente nel fascino del mondo della geriatria mi sono innamorato della complessità”. Il volume è intriso di questo connubio virtuoso, è connotato da una commistione tra saperi diversi e tra loro complementari.
Schiavo è un medico aperto alle contaminazioni, attento al mondo reale (si vedano a questo riguardo i “Ringraziamenti”), in controtendenza rispetto alla settorialità che, se da una parte ha fatto bene all’evoluzione dei saperi, dall’altra ha allontanato molti medici ed operatori sanitari dal mondo reale, incapaci di affrontare la complessità, ovvero la regola quasi assoluta, fra le persone anziane. Leggendo le storie dei suoi pazienti, che fanno da sfondo agli approfondimenti diagnostici ed alle diagnosi differenziali, emerge un medico (senza nostalgie retrò) che sa prendersi cura delle persone che a lui si rivolgono, con competenza e sensibilità umana, che sa cogliere il dettaglio e collocarlo opportunamente in un disegno diagnostico e terapeutico-riabilitativo ben tailorizzato, tagliato su misura.
Una cosa è certa: non è possibile occuparsi di anziani senza una competenza che mescoli saperi tradizionalmente propri della cultura internistica, neurologica e psichiatrica. Purtroppo, nella realtà quotidiana, questi aspetti sono ancora troppo spesso fra loro separati e distanti, per molti motivi che rimandano principalmente ad un anacronismo culturale e formativo dei nostri percorsi scolastici universitari e specialistici.
Nel suo libro l’autore ci parla soprattutto di “storie di fragilità evitabili”. Quanto spesso ancora oggi i nostri anziani sono vittime dell’incompetenza e soprattutto dell’ageismo dietro il quale si nascondono comportamenti, anche professionali, che definire incompetenti e superficiali è solo un eufemismo?
Quanto spesso sono vittime di errori diagnostici e terapeutici? Il volume è ricco di esempi di pratiche da evitare. È ricco di suggerimenti per districarsi nei dedali della complessità che caratterizza spesso la popolazione anziana.
I numerosi esempi che ci porta l’autore suggeriscono quanta strada si debba fare affinché la malpractice, la “mala medicina” possa essere contrastata ed estirpata. Accanto ad alcune indicazioni diagnostiche pratiche per destreggiarsi nella complessità, un filo rosso attraversa, senza soluzione di continuità, tutto il testo, in particolare sull’uso corretto dei farmaci. L’autore ci ricorda che i farmaci sono armi a doppio taglio e gli anziani ne sono spesso la vittima.
È ampiamente noto che la popolazione anziana sia particolarmente esposta alla iatrogenesi e alle reazioni avverse da farmaci; il rischio iatrogeno aumenta quanto maggiore è il numero di farmaci assunto. Uno studio americano ha evidenziato come il 40% delle persone con oltre 65 anni d’età assuma da 5 a 9 farmaci e il 18% arrivi fino a 10. Questo spiega in larga parte il rischio elevato di ospedalizzazione da eventi avversi che caratterizza la popolazione anziana (Budnitz et al., 2011).
Si tratta di un problema ampiamente noto per il quale sono state proposte varie strategie di contrasto che dovrebbero essere più ampiamente applicate (Onder et al., 2013). In particolare, oggi esistono molti strumenti accessibili (anche dal nostro smartphone) che possono essere di aiuto per evitare errori grossolani nell’uso e nell’abuso dei farmaci, e la sempre maggior diffusione della cartella clinica elettronica, sia in ambito ospedaliero sia ambulatoriale, potrà sicuramente contribuire ad attenuare il problema legato alle reazioni avverse da farmaci.
Ad emergere nei vari capitoli, attraverso le descrizioni di persone e delle loro malattie, è uno stile professionale che unisce competenza ed umanità, accurata conoscenza della medicina neuro-geriatrica, dell’uso corretto dei farmaci, ed una sensibilità che sa porre il malato al centro dell’attenzione dei sanitari, con le sue stranezze, i suoi disturbi cognitivi e comportamenti, le sue disabilità, ma che non sembra perdere mai la propria dignità, conservando intatto il proprio diritto di cittadinanza. Purtroppo, a parte qualche esempio virtuoso la strada da percorrere affinché i pazienti anziani, soprattutto se affetti da deterioramento cognitivo, conservino pieno diritto di cittadinanza è ancora lunga. Talora sembrano emergere più prepotentemente dinamiche espulsive. Del resto è noto da tempo che nei periodi di crisi, non solo economica, ma anche culturale, a farne le spese sono i più deboli e di più fragili. Il libro di Schiavo è in controtendenza rispetto a queste derive non certo animate da nobili ideali. Anche per questo motivo auguro al libro fortuna, e soprattutto allo spirito che lo anima di contagiare coloro che lo leggeranno.
Bibliografia
– Budnitz DS, et al. Emergency hospitalizations for adverse drug events in older Americans. New England Journal of Medicine 2011;365:2002-12.
– Onder G, et al. Strategies to reduce the risk of iatrogenic illness in complex older adults. Age Ageing 2013;42:284-91.
Recensione di M.Bobbio su “Malati per forza. Gli anziani fragili e gli eventi avversi neurologici da farmaci.”
di Ferdinando Schiavo. Maggioli editore.
Trentacinque storie di pazienti, soprattutto anziani e fragili, mal ascoltati, mal curati e mal seguiti sono le occasioni per introdurre argomenti di neurologia, focalizzati sui parkinsonismi, sulle vertigini, sulle amnesie, sulle epilessie spesso provocate da medicine prescritte in modo incongruo o cronico.
Secondo il dottor Ferdinando Schiavo, “onesto artigiano della neurologia e della neurologia dei vecchi” come ama definirsi, la medicina della fretta non è in grado di affrontare la complessità degli anziani, perché non sa trovare un’armonia tra la componente scientifica e quella relazionale. Sia i medici, sia le persone comuni sono impreparati ad affrontare la vecchiaia, non trovano il tempo per osservare, per aspettare lo svolgere del ritmo naturale delle malattie e pretendono che le cure risolvano rapidamente ogni problema. Per questo il dottor Schiavo ha visto con favore la nascita di Slow Medicine e la crescita del progetto “Fare di più non significa fare meglio”, che hanno posto al centro del loro progetto la relazione medico/paziente e la necessità di evitare trattamenti e test inutili e spesso dannosi.
Quante sofferenze e accertamenti potrebbero essere evitati, se si prestasse attenzione ai sintomi e alle note interazioni dei farmaci trascurate da chi prescrive; spesso si preferisce aggiungere un farmaco per antagonizzare gli effetti indesiderati del precedente, piuttosto che riflettere sulla reale necessità del primo.
Un ricco ventaglio di eccessive sofferenze imposte ai pazienti che richiama l’urgenza di tornare a una medicina sobria, rispettosa e giusta.
“Malati per forza”, scritto dal neurologo udinese (di origine siciliana)
28 febbraio 2015 – Il gazzettino
“Malati per forza”, scritto dal neurologo udinese (di origine siciliana) Ferdinando Schiavo, edito da Maggioli, si configura come «un manuale che possa descrivere la fragilità dell’anziano, e in fondo anche dell’adulto o addirittura del giovane reso vulnerabile dal peso di malattie, raccontando le ricadute neurologiche e generali degli errori che avvengono attraverso la superficialità della raccolta anamnestica e per l’uso non corretto di farmaci impiegati (…)».
In realtà “Malati per forza” è molto di più. È il racconto, bilanciato fra reale empatia con il malato e attenta e impeccabile documentazione scientifica, di una straordinaria esperienza dove professionalità e umanità non si sono mai scisse. Anzi, semmai, la seconda, lungi dall’indugiare in sentimentalismi impropri, ha funzionato da motore di osservazione del paziente alle prese non solo con patologie insidiose ma anche e soprattutto con pratiche farmacologiche indotte spaventosamente farraginose, quando non anche fuorvianti con risultati che si possono immaginare agghiaccianti.
Sbagliare una critica d’arte o eseguire male un concerto fa male ma sbagliare una terapia è terrificante e alla fine letale. Fra le considerazioni base dell’indagine – leggibile da chiunque per il linguaggio piano ed accessibile ma anche vibrante e partecipe – vi è quella per la quale sempre di più l’anziano, proprio per il suo “status” non produttivo, secondo parametri aridamente efficientistici, non merita le stesse attenzioni di un soggetto più giovane. In questo triste novero entrano ovviamente anche disabili psichici e fisici di ogni età. Da qui si sviluppa in modo non dichiarato una cultura pratica di superficiale utilizzo di farmaci e terapie apparentemente consolidate (con molecole non di rado immutate dagli anni ’50) mentre lo scenario è del tutto cambiato con l’aumento esponenziale del numero degli anziani e di malattie degenerative. Un testo, dunque, che tutti dovremmo leggere con attenzione, portatore di una profonda civiltà e rifondatore del rapporto fra medico e paziente nel segno di Ippocrate.
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E se invece diventassimo tutti più medici di noi stessi? A volte, per stare meglio, basterebbe solo conoscere il proprio corpo, avere meno fretta di risolvere un disturbo e optare per soluzioni diverse dalla chimica, sebbene più faticose. Il monito arriva dal neurologo Ferdinando Schiavo che ha da poco dato alle stampe il suo libro “Malati per forza” in cui con occhio lucido e imparziale critica gli errori della medicina e invita i pazienti ad essere informati.
Siamo davvero sicuri che il ricorso alla chimica per curare o placare un disturbo sia sempre necessario? E quante volte invece l’utilizzo di una medicina innesca
immediatamente nuove problematiche nel tentativo di risolvere quelle principali? Non si limita a chiederselo ma fornisce anche una precisa risposta a riguardo il dott. Ferdinando Schiavo, oggi libero professionista e con una lunga carriera alle spalle in qualità di neurologo.
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