L’arte deve scuotere e non sempre consolare!
Uno dei compiti per chi si occupa di malattie devastanti come le demenze consiste nel fornire ai pazienti, ai loro familiari, agli operatori sociali e sanitari ed ai comuni cittadini che desiderano accrescere le loro conoscenze, informazioni corrette e utili a far fronte a notizie superficiali che spesso vengono propinate dai mezzi di informazione oppure si propagano e circolano tra la gente nei meandri dei luoghi comuni.
Alcuni film, prodotti a partire del 1989 con A spasso con Daisy ed arrivando al più recente Still Alice e al cortometraggio di Marco Toscani Ti ho incontrata domani, sono in grado di contribuire al compito di far comprendere i molteplici aspetti, ordinari o inconsueti, di queste malattie attraverso la sensibilità dell’arte. La visione di alcuni spezzoni tratti da vari film, per il loro valore didattico in toto o per l’intensità e la significatività di alcune scene e dialoghi, sarà motivo di commenti, riflessioni e approfondimenti critici.
Il cinema ci offre lo spunto per discutere della variabilità dei quadri clinici delle demenze e indica dei punti critici su cui è necessario dibattere perché i luoghi comuni, a forza di ripeterli, qualche volta riescono a diventare opinione diffusa e poi certezza che non si discute, ma che va combattuta e smantellata, e al più presto.
Le demenze tra falsi miti, luoghi comuni ed errori
In questo campo in inquietante espansione e tuttavia sottovalutato sono numerosi i luoghi comuni, i miti e gli errori che impediscono un intervento corretto per una diagnosi tempestiva e per una gestione adeguata.
- Un commento autorevole basato su un esame della realtà è la dimostrazione della persistenza di angoli bui, e ci riempie di amarezza: è di Marco Trabucchi ed è apparso su www.leonardo.it nel febbraio 2016: … anche se sta aumentando significativamente il livello di conoscenze sulle demenze da parte dei medici e degli altri operatori sanitari, restano ancora sacche di impreparazione, di scarso interesse, di ridotto impegno. E’ un consenso a quanto da anni penso, quella dolente idea di scarso impegno di alcuni medici per la quale ho inventato, aiutato nel compito da colleghi illuminati e coraggiosi…
- La struttura clinica delle demenze è caratterizzata da una grande variabilità nell’esordio e nell’evoluzione, per cui bisogna superare quella distorta visione unitaria che vede(va) in passato la demenza di Alzheimer destinata a riassumere tutto lo scenario delle altre demenze. La stessa demenza di Alzheimer, peraltro, è responsabile del 60% circa dei casi totali di demenze e può esordire anche con disturbi cognitivi “diversi” da quelli classici a carico della memoria: esordio visuo-percettivo come nell’Atrofia Corticale Posteriore, PCA in cui “l’occhio è in grado di vedere ma le sue informazioni spaziali e di significato non sono adeguatamente comprese ed elaborate da quella parte del cervello che è rappresentata principalmente dai lobi parietali ed occipitali”; esordio psico-comportamentale (apatia, depressione, psicosi, allucinazioni, difficoltà di critica e alterazioni complesse della personalità); esordio con deficit di pianificazione-organizzazione e di attenzione (alterazioni frontali); esordio con problemi del linguaggio (danno prevalente temporale sinistro); esordio con depressione e\o apatia…
- Sono soprattutto le forme di demenza diverse da quella di Alzheimer, l’altro 40%, che prevedono un esordio “diverso” da quello relativo alla perdita di memoria:
- Apatia, depressione, alterazioni di pianificazione nei diversi tipi di demenza vascolare;
- Disturbi comportamentali e\o del linguaggio nelle demenze fronto-temporali;
- Problemi “organizzativi” e di percezione dello spazio, allucinazioni visive complesse, parkinsonismo, estrema fluttuabilità dei sintomi, a volte “svenimenti” (sincopi) per riduzione della pressione arteriosa al passaggio dalla posizione supina a quella eretta (da coricato in piedi), saltuariamente sonnolenza oppure confusione mentale, nella demenza più complessa, quella a corpi di Lewy (LBD). Un quadro di demenza simile alla LBD può essere rappresentato dalla malattia di Parkinson (MP) che evolve in demenza (MP-D) in quanto ambedue le malattie dipendono dal danno neuronale creato prevalentemente dall’alfa-sinucleina alterata. Inoltre, tanto per tornare a discutere di esordi, sia la LBD che la stessa malattia di Parkinson possono essere preceduti (anche di un decennio o più!) da episodi notturni caratterizzati da azioni motorie complesse, spesso violente verso chi dorme accanto, durante la fase dei sogni, ovvero in fase REM (RBD), da perdita dell’odorato, da depressione o apatia, e persino da stitichezza!
Tuttavia, il principe dei luoghi comuni, che imperversa tra la gente e tra i professionisti della salute, medici compresi, resta figlio dell’ageismo, del razzismo dell’età, del “tanto è vecchio”. L’ageismo giustifica a suo modo qualsiasi forma di omissione di una diagnosi e possibilmente di una cura, e se una cura non c’è, del prendersi cura della persona con demenza e del dolore impotente dei familiari.
Altre erronee convinzioni? Il mini-mental (MMSE), il test cognitivo breve più usato nel mondo per la diagnosi può essere “negativo” o con punteggi alti che vengono ritenuti ancora normali anche in persone con manifestazioni reali di coinvolgimento cognitivo o comportamentale a volte persino gravi. Succede perché la persona malata è fluttuante e quel giorno (o in quell’ora) è in fase positiva, perché il test è inadatto a valutare determinate funzioni cognitive, perché semplicemente alcuni punti persi sono molto più “pesanti” di altri e vanno interpretati e non solo aridamente conteggiati! Si può essere clinicamente dementi, ad esempio, sbagliando clamorosamente una delle ultime prove, quella della copia dei due pentagoni: se poi l’errore consiste nel disegnare all’interno del modello si prospetta il fenomeno del closing in che indica una mancanza di “elaborazione e programmazione nello spazio” ed altro ancora, anomalie che tradotte nel mondo reale, ovvero a casa della persona con demenza, si traducono con l’incapacità di eseguire correttamente i lavori in casa o di capire il mondo che sta attorno. Quel punto non vale uno come la data di quel giorno dimenticata ma “vale almeno 15 punti” in meno!”
Il Mini Mental mente…
La realtà è, quindi, spesso complessa ed altri fattori possono renderla ancora più intricata:
- Per intervento farmacologico: se la persona con demenza è anziana e assume altre farmaci per varie malattie, alcuni di questi possono, appunto, interferire sui processi cognitivi e sul comportamento. Tra le medicine imputabili in reazioni avverse varie ed effetti paradossi (quelli opposti agli effetti attesi) un ruolo primario spetta agli ansiolitici, quasi sempre benzodiazepine: Valium, Tavor, Minias, EN, ecc.
Altre terapie farmacologiche hanno spesso una ricaduta negativa a livello motorio ovvero sono in grado di provocare parkinsonismo, acatisia ed altri eventi avversi. Si tratta degli antipsicotici tradizionali che vengono adoperati per “calmare” l’aggressività, le psicosi, le allucinazioni. Uno per tutti di un elenco nutrito: l’aloperidolo (Serenase e Haldol). Reazioni avverse o paradosse possono avvenire persino con i “nuovi” antipsicotici: quetiapina-Seroquel, olanzapina-Zyprexa, ecc.
- Per restare in tema, molti soggetti con malattia di Parkinson o parkinsonismi vari (malattie simili alla MP ma che non rispondono sostanzialmente alle terapie dopaminergiche consuete) possono evolvere verso una demenza.
- Non va dimenticato che ogni individuo è diverso da un altro, ha la sua vita e contiene le sue esperienza; diversa è d’altra parte ogni famiglia che lo assiste e variegate sono le dinamiche interne al nucleo familiare.
- Infine, un messaggio che va inviato a chiare lettere e a largo raggio, dai medici fino ai familiari: le strategie non farmacologiche sono la base essenziale, imprescindibile, da cui bisogna partire e procedere, abbandonando l’idea malsana che “ogni disturbo comportamentale può essere attenuato attraverso l’uso degli psicofarmaci”.
Il peso dei (falsi) miti e dei luoghi comuni e dei conseguenti errori non si ferma qui: nel campo delle terapie farmacologiche per la componente cognitiva le variabili sono infinite. In particolare: è corretto che venga proseguita una terapia con I-ChE (Donepezil- Memac-Aricept-Lizidra, Rivastigmina-Exelon, ecc.) o Memantina (Ebixa) se il paziente è no-responder?
Il Rapporto mondiale presentato nel settembre 2016 alla vigilia della XIII Giornata Mondiale dell’Alzheimer va incontro al mio personale impegno ultradecennale di lotta ai luoghi comuni elencando i punti critici: i ritardi nella diagnosi, la necessità oramai non rinviabile del coinvolgimento dei medici di medicina generale e infine l’esigenza di intercettare tempestivamente i primi sintomi, tra i quali il Rapporto conferma quelli cognitivi e comportamentali citati prima. E’ il riconoscimento che la strada che ho intrapreso da tempo è quella giusta: entrare dentro una storia umana con professionalità, delicatezza e rispetto.
Durata del corso: da 2 a 4 ore. Estensibile ulteriormente su temi inerenti la fragilità, le cadute, le perdite di coscienza e l’epilessia tardiva e, infine, le malattie da farmaci negli anziani & anziane.
Adatto a tutti, ai professionisti socio sanitari di ogni livello, ai semplici cittadini che (“sapendo”) possono proteggersi e agli studenti delle scuole superiori che vanno informati dello scenario attuale e futuro di fragilità legata all’invecchiamento che si sta determinando progressivamente a livello mondiale.