Malati per forza: il farmaco spiegato al paziente e a chi si prende cura di lui (ma anche ai medici)
Per Lunga Vita, idee, azioni e servizi per meglio vivere vecchiaia, disabilità e cronicità.
Autrice Lidia Goldoni
Giovedì, 11 Dicembre 2014
Dal titolo e dal primo scorrere delle pagine di “Malati per forza. Gli anziani fragili, il medico e gli eventi avversi neurologici da farmaci” di Ferdinando Schiavo (Maggioli editore) qualche perplessità mi era sorta. Avevo ascoltato l’autore in un convegno, ma il testo mi sembrava più ostico. Cosa sarei riuscita a capire di un linguaggio tecnico-scientifico sui farmaci, la loro composizione, gli effetti collaterali, le interazioni? Leggo già con difficoltà i “bugiardini” delle confezioni di medicinali, che oltre alla prolissità e vaghezza, ti mettono solo in allarme perché, scritti con intento difensivo, ti prefigurano tutti gli eventi avversi. L’argomento di “Malati per forza” mi interessava per la condivisione delle idee dell’autore sull’uso e abuso dei farmaci e ho trovato la chiave e il metodo di lettura e il filo conduttore. Ho scorso tutte le citazioni di testa di ogni capitolo, e le prime due righe della prefazione. “Se ti udrà un medico di schiavi, ti rimprovererà: “Ma così tu rendi medico il tuo paziente!”. Proprio così dovrà dirti, se sei un bravo medico! (Ippocrate). Ho preso nota che all’inizio c’è un piccolo vocabolario di tutte le sigle e acronimi (spaventosi) così come in un poliziesco che si rispetti in apertura ci sono i personaggi. Poi per ogni capitolo o paragrafo compaiono box con la sintesi del testo, o i consigli o le linee guida, perché l’autore non intende parlare solo ai medici ( anche se risulta evidente che pure loro devono imparare) ma anche ai familiari, alle OSS , alle badanti. Infine, a chiarire anche ai più lontani dalla materia per ogni tema è presentato un caso clinico, 35 in tutto, che ti racconta meglio di ogni diagnosi cosa è successo a quella persona.
I primi tre capitoli informativi sul viaggio del farmaco, su chi sono gli anziani, su i contenuti essenziali della neurologia. Poi Schiavo, portandosi appresso il suo ” Grande Fardello” di neurologo che si è scontrato con le conseguenze delle terapie farmacologiche, affronta quelle patologie, che tanto spesso si sommano tra di loro, anche per una terapia sbagliata, che più colpiscono gli anziani e determinano la loro non autosufficienza: l’ictus, il Parkinson, le demenze, i deliri, non tralasciando gli effetti più frequenti quali le cadute, le vertigini, le perdite dell’equilibrio.
I capitoli finali spiegano il perché della citazione iniziale di Ippocrate. Una buona medicina deve sapere ascoltare informare, comunicare, educare il cittadino in quanto tale , ma ancor più quando è paziente, caregiver, familiare. Confesso che le pagine dedicate alle interazioni delle molecole dei farmaci, gli effetti collaterali degli stessi, gli impatti sulla salute in termini medico scientifici li ho saltati, ma sono una piccolissima parte del libro stesso. Perché scorrendo le mie note, ho trovato un approfondimento (raro ancora nei testi) sulla necessità di una medicina di genere, come una medicina di precisione necessaria per dare ad ognuno la risposta giusta (anche qui una splendida citazione dal poeta Alfred De Vigny nel 1867).
Parlando di anziani fragili e della complessità del prendersi cura, oltre all’aspetto curativo, Schiavo lo incardina in un problema etico per evitare l’accanimento terapeutico, ma anche l’omissione muta. Ci sono anche tra i casi clinici e le buone prassi episodi raccontati con ironia e leggerezza: come misurare la pressione, perché una visita neurologica inizia palpando la pancia. Ho trovato tra le pagine anche il nome di Ennio De Renzi, che Schiavo riconosce come suo maestro, che è morto molto anziano nel 2015, qui a Modena, dove è stato per decenni l’illuminato direttore di cattedra della neurologia, creando un’area di eccellenza nella sanità cittadina ma non solo.
Poi ci sono ancora alcune definizioni chiarissime su cosa oggi è diventata la medicina: una medicina d’organo, una medicina della fretta, una medicina tecnicistica, richiamando alla fine come essenziali i presupposti su cui è nato il movimento Slow Medicine, per una medicina sobria rispettosa e giusta, di cui più volte si è parlato in questo sito.
Nel trattare delle diverse tipologie di demenze l’autore affronta un tema che, anche per i profani come me che però s’interessano alle risposte al bisogno, mi sembra ancora trascurato. C’è una prima fase della malattia in cui c’è coscienza dei propri limiti, in cui subentra una sorta di apatia, che però non è la depressione anche se a volta può essere a questa associata. Cosa fare per dare un sostegno a questa persona, nel convivere con i suoi primi deficit, senza ricorrere ai farmaci antidepressivi, spesso causa di eventi avversi? Perché attendere che la malattia evolva per intervenire? Anche in questo caso serve informazione, comunicazione e ascolto.